Ricominciare a 50 anni, Giuseppe

San Michele all’Adige

“Nacqui nel 1947 in una casa di fronte al teatro San Ferdinando, il teatro di Eduardo de Filippo, nel cuore di Napoli. A 49 anni, dopo aver perso il lavoro, decisi di lasciare la mia città per venire a lavorare in Alto Adige. Finii a fare collettori d’aspirazione alla Röchling, a Laives. Il mio medico etiope Muhammad Alì Babà, come lo chiamo io, che è un gran signore, dopo avermi visitato disse a mia moglie: “Signora, suo marito è un pioniere, queste cose si fanno a 20 anni, non a 50”. Ma io l’ho sempre presa con filosofia, che sennò t’avveleni. Agitarsi non serve a nulla. Quelli di qui, gran lavoratori e brave persone, nulla da dire eh, ma stanno troppo agitati. Un mio collega bolzanino, erano gli anni ’70, dovette scendere a Napoli con un furgone carico di merce. Appena fu in città sentì battere su una fiancata, scese per vedere se aveva urtato qualcuno, e un tizio saltò a bordo scappando con il furgone. Si recò al comando di polizia che non stava nella pelle. Riusciva a malapena a parlare da quanto era scosso. Terminò di parlare che balbettava. Il commissario allora gli fece: “Signò, state tranquillo, ora vi faccio un bel caffè e mo’ vi spiego come le hanno rubato il mezzo. Quello che le è successo è assai grave, ma dovete capirli, pure chille creatùr tengono famm”. Ora sto in pensione e faccio quello che ho fatto per tutta la vita a tempo perso: riparo biciclette per chi mi trova aperto, non ho un orario preciso. Quando ho voglia scendo, mi sporco le mani di olio e poi due chiacchiere di politica con chi passa per strada. Oppure faccio il nonno ai miei sei nipoti. Altrimenti ci sono momenti in cui semplicemente salgo di sopra, mi sdraio e mi porto avanti coi lavori: mi abituo a rimanere orizzontale e mi preparo, come diceva Totò, alla livella”.

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