2/2 Il passo della Mendola, Pacifico

Malosco

“Prima della guerra non li chiamavamo turisti, li chiamavamo i siori, i signori. Era tutta gente che arrivava nei paesi qui attorno a seguito del boom della Mendola, che era diventato un centro rinomato per le vacanze dei nobili austriaci. La borghesia, che cercava disperatamente di emularli e di frequentarli, li seguiva ovunque andassero. Era la moda. Pertanto, dove si spostavano gli aristocratici, vedevi arrivare medici, ingegneri, avvocati, banchieri e qualche intellettuale, tutti a cercare di infilarsi nei salotti di quella classe di privilegiati. La Mendola però era un posto esclusivo, piccolo e con pochi, riservatissimi posti. Agli altri non rimaneva che occupare stanze e appartamenti nei paesetti vicini. Anche i miei affittavano un appartamento, e alla fine dell’estate guadagnavano 1000 lire, che era tanto da comprare una mucca, non era roba da poco. Lo davano a una famiglia delle Marche che aveva un pastificio. Fra moglie e marito non correva buon sangue, litigavano di continuo. Arrivavano con la macchina e l’autista, e al seguito portavano la cuoca e l’istitutrice per il figlio, che aveva più o meno la mia età. Facemmo amicizia e ci sentiamo ancora. Di solito, i siori, se non avevano una donna di servizio ne assumevano una qui e quando tornavano a casa, a Milano o a Genova, queste ragazzine di 15-17 anni andavano a stare da loro e ci rimanevano per qualche anno. Imparavano a cucinare, a cucire, a parlare e a vestire. Prima della guerra, qui, le donne non portavano le mutande, erano cose da signori. Quelle che andavano fuori dovevano cambiare stile. Le signore regalavano loro la biancheria dismessa e qualche vecchio vestito. Quando d’estate le ragazze tornavano in Trentino con la nuova famiglia camminavano a una spanna da terra, si sentivano diverse dai paesani, parlavano in italiano e il dialetto noneso non lo volevano più nemmeno sentire”.

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