La nostra storia d’amore, Mariangela

Lauregno

“Mio padre, come tutti quelli che vanno a funghi, aveva i suoi posti preferiti, che solitamente sono segreti e non si rivelano a nessuno. Sinablana era uno di questi luoghi. Non ci arrivi se non sai dov’è, soprattutto allora quando la strada non esisteva. Dal basso, in fondo alla valle, si saliva a piedi fino in cima, dove il pendio si fa più morbido. Il maso, come oggi, era isolato. Nelle sue perlustrazioni conobbe la famiglia di Amedeo: erano persone buone con i forestieri. Fra loro nacque un’amicizia che durò tutta la vita. Quando arrivava gli preparavano i funghi secchi e mio padre in cambio portava qualche cassa di mele. A volte io e mia sorella più grande, eravamo ancora delle bambine, lo accompagnavamo. Fu in quelle occasioni che lo vidi per la prima volta. Un settembre Amedeo scese da noi per darci una mano con la raccolta, e potemmo conoscerci meglio: lui aveva 12 anni, io 9. Dai 14 anni in poi iniziammo a scriverci delle lettere d’amicizia, molto innocenti: parlavamo di filosofia, di storia e di altre materie che ci appassionavano. Ironia della sorte, siamo diventati entrambi insegnanti, io di matematica, lui di lettere. Poi ci perdemmo di vista e smettemmo anche di scriverci. Incontrai un altro uomo, mi sposai ed ebbi due figlie, ma non avevo ancora 28 anni che rimasi vedova. Katia aveva 2 anni e mezzo e la piccola Erika aveva solo 4 mesi. Ci incontrammo nuovamente quattro anni dopo, alla festa degli americani, un grande evento che allestiscono a Revò per commemorare l’emigrazione trentina in America a inizio ‘900. Stavo girando nella piazza principale quando lo rividi a un bancone con una birra in mano. Ci salutammo, come vecchi amici. Lui dice che la nostra storia d’amore cominciò quando io venivo a trovarlo al maso per i funghi e per le mele. Quando da ragazzo era a Salisburgo a lavorare metteva i risparmi in banca e aveva usato il mio nome come codice segreto del conto. Ma questo l’ho saputo solo dopo che ci siamo sposati”.

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