1/6 Cadere a volte ti salva la vita, Danny

Rifugio Altissimo

“Tutto girava attorno all’arrampicata e per come la facevo ero destinato a morire. Ora che sono in grado di analizzare la cosa con lucidità credo che sia nata ai tempi della scuola. Ho un ricordo impresso: esco alla lavagna, l’insegnante mi chiede qualcosa che non so, mi giro a guardare i miei compagni e vedo quaranta occhi che mi guardano e mi dicono: te sei deficiente se no te sai la risposta de ‘sta roba. Mi giro verso l’insegnante e rivedo lo stesso giudizio nella sua espressione. Torno a casa, la mamma è stata a udienze – ho sempre avuto un amore enorme per mia madre – e ricevo anche da lei la stessa risposta. Finisco la scuola mortificato, convinto di essere uno scemo. Dopo il servizio militare metto le mani sulla roccia e scopro la montagna. Con stupore mi rendo conto che c’è qualcosa che riesco a fare anch’io, e bene. In questo non sono deficiente. Ogni via che salgo diventa una rivincita nei confronti di quelli che non credono in me, io in testa a tutti. Posso dire di essere un rocciatore. Non vado molto in alta quota (al massimo un 6.500), alle lunghe progressioni alpinistische preferisco la verticalità della Patagonia o dell‘Australia. Stiamo in giro 6-8 mesi all’anno i miei compagni ed io, campiamo di sponsos, di serate di diapositive o come guide alpine. Vivo così, a tutta, rischiando il collo un sacco di volte, dai 20 ai 38 anni. Ogni salita potrebbe essere l’ultima, fino a che, un giorno, cado.”
– John Doe

Storia scritta per Garda Trentino

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