Le stagioni al maso, Amedeo

Maso Oberstangl, Lauregno

“Nel ‘51, quando i miei si sono sposati, cadde talmente tanta neve che uscivano di casa da quella finestra. Sarà stata alta 6 o 7 metri. In quelle condizioni ti sentivi un topolino chiuso in trappola, non potevi muoverti, se non per le emergenze. Quando d’inverno qualcuno moriva in questi masi, mica gli facevano il funerale. Lo portavano in soffitta e ce lo lasciavano fino a primavera. Con 20 gradi sotto zero non avevano problemi a conservare il cadavere. Con il disgelo lo prendevano, ancora tutto irrigidito, lo caricavano su una slitta e lo portavano al camposanto. Se l’inverno era duro dal punto di vista psicologico l’estate lo era per la schiena, perché si lavorava fino a spezzarsela. Nei campi, nel bosco, con gli animali. E lavoravano tutti, vecchi e bambini compresi”.

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