2/3 Una strada quasi impossibile

Donato Riccadonna, strada del Ponale

Quando la strada era aperta, oltre alle macchine passavano anche gli autobus e i camion. Fare la Ponale con il camion voleva dire avere il pelo sullo stomaco. Era questione di centimetri, non metri, alcuni sgonfiavano addirittura le gomme per abbassare il mezzo di quel tanto che bastava per non toccare la roccia con le centine. La maggior parte transitava di notte, non c’era il senso unico alternato, ma il doppio senso di marcia e di giorno si rischiava di rimanere bloccati. C’erano giusto un paio di slarghi in cui poter incrociarsi. Si raccontano storie pazzesche di recuperi estremi in cui qualche autista straniero che non conosceva la strada rimase incastrato col proprio rimorchio senza poter più andare né in avanti né indietro. In questi casi usavano una gru direttamente dal lago, dalla Ponale sarebbe stato impossibile. E poi ancora incidenti, ce ne furono molti, ma a quanto so io mai di mortali, perché stavi attento, stavi molto attento quando la percorrevi. Un camionista che cercava lavoro se poteva vantare di aver viaggiato sulla Ponale aveva molte più chance, faceva curriculum. D’altronde, lì o sapevi guidare o ti impiantavi. E non era solo una questione di abilità, ma anche di nervi. Molti di quelli che andavano da Riva a Ledro in autobus scendevano terrorizzati perché con le ruote della corriera in alcuni punti si sfiorava il cordolo, che era praticamente a picco sul lago.

Storia scritta per Garda Trentino

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