L’unione fa la forza, abitanti di Canale di Tenno

Canale di Tenno

“Quando eravamo vivi e vegeti facevamo dei gran discorsi. L’argomento era sempre quello, cercavamo di trovare il modo migliore per far campare le nostre famiglie. Ah, oggi si sta bene, ma dovete immaginarvi Tenno svariati secoli fa. Tanto vale dirlo chiaramente, le montagne erano infami da abitare: stagioni corte, animali pericolosi, campi in pendenza difficili da raggiungere. Le risorse erano poche e se non ci si dava una mano gli uni con gli altri si moriva di fame. E quando eri convinto di aver fatto il tuo dovere di buon cristiano spezzandoti la schiena di giorno e pregando di notte, arrivava la peste, che a quei tempi falciava i paesi. La gente andava all’altro mondo così bene che alcune famiglie scomparirono completamente e tutto quello che possedevano – case, poderi, bestiame – fu lasciato alla collettività per loro volere testamentario. La cosa si ripetè tante volte che servì un’istituzione per amministrare tutti quei beni: la chiamammo Vicinìa, e più ne morivano, più le vicinìe si ingrandivano. Sì, perché non ce n’era una sola. Solo a Ville del Monte, che riunisce i quattro borghi di Canale, Sant’Antonio, Pastoedo e Calvola, c’era la Vicinìa Granda, che esiste tuttora, la Vicinìa Piccola, quella del Rosto (sarebbe dell’Arrosto) e altre ancora. Erano formate da tutti i capifamiglia (il “Consiglio dei Omeni”, anche se da qualche tempo anche le donne possono sedersi al tavolo) e ognuna aveva il suo regolamento. I rappresentanti erano detti Capi dei fuochi fumanti: solo se dal comignolo della tua casa usciva il fumo potevi prendere parte alle riunioni. Quelli che per povertà o desiderio se ne andavano, lasciando i camini spenti, perdevano anche il diritto di partecipare alle Vicinìe. Ogni anno o due il consiglio eleggeva un caposoldo, l’amministratore che aveva il compito di gestire i lasciti dei defunti, badando bene che venissero rispettate le loro ultime volontà. Nella Vicinìa Granda, quest’uomo, che solitamente era uno dei più anziani e saggi del paese, era chiamato anche Sindaco dei morti.”

Storia scritta per Garda Trentino

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