Mezzolombardo
“Quelli del Bleggio, poco o tanto, sapevano molare tutti. Ci conoscevano per quello. Anche la mia era una famiglia di arrotini. Ci si doveva accontentare, è chiaro, la gente era povera e spesso non aveva soldi per pagarti, specie nella zona di Ala e Avio. Però erano anime buone e qualche uovo o una fetta di polenta te la davano volentieri. La ditta era composta da me, mio padre e i miei due fratelli. Io ero l’ultimo e iniziai che avevo appena finito di studiare, nel ‘58, a 14 anni. Quando tornai a casa dal mio ultimo giorno di scuola mio padre mi disse “Bravo”, mi regalò uno sfilatino con l’uvetta, questo era quello che si poteva permettere, e aggiunse che dal giorno dopo lo avrei seguito nelle valli del Trentino Alto Adige per molare con lui. Si sgobbava sodo, altroché. La mattina ci dividevamo e facevamo il giro dei paesi a chiedere forbici e coltelli agli alberghi, ai ristoranti e alle signore di casa. Il pomeriggio ci ritrovavamo e a turno molavamo con la bicicletta: un meccanico ce ne aveva adattata una saldando una mola sopra il manubrio, collegando il pignone alla corona della bici con una seconda catena, così che pedalando si poteva molare. Dal ’58 sono passati esattamente 58 anni, e non ho mai smesso di affilare, di entrare nelle case e nelle vite della gente. Avrò salito e sceso un milione di gradini per raggiungere gli appartamenti dei miei clienti. Ho visto cambiare il mondo passando da una porta di casa all’altra come un’ape che va di fiore in fiore. E posso ben dire che le cose sono cambiate. Ora quando uno ha un coltello poco affilato va in coltelleria, o lo butta via e se ne compra un altro. Le donne hanno smesso di cucire e non ho più forbici da affilare. Col mio giro riesco ancora a viverci perché sono uno dei pochi rimasti, ma inizio a sentire gli anni anch’io. L’anno prossimo sono 73 e se è cambiato il mondo sono cambiati anche il mio cuore e le mie gambe. Faccio più fatica a far tutte quelle scale. Tuttavia, se passate da Mezzolombardo, e chiedete del “moleta”, potete trovarmi nel mio laboratorio, circondato dalle scintille d’acciaio che limo dal filo di migliaia di coltelli”.
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