Rifugio Peller
“Ho iniziato a gestire il rifugio Peller dopo la pensione, prima ho lavorato per 21 anni come elettricista indipendente. Era un mestiere freddo, non parlavi mai con nessuno. Qui invece ogni giorno affronti un problema diverso e alla fine se hai fatto bene il tuo dovere il premio lo vedi stampato sulla bocca della gente, che ti sorride e se ne va soddisfatta. E la cosa più importante è che poi torna, e chiede di te. Perché a questo lavoro ti ci dedichi con tutto te stesso, non lo fai per i soldi, e se ci metti passione si nota. Non è solo servire ai tavoli e rifare i letti: è intrattenere, è consigliare, è capire quali sono le necessità delle persone che entrano dalla porta. Per questo si chiama rifugio e non albergo o ristorante. Chiaramente quello che servi dev’essere buono, su questo non si discute. Se usi prodotti di prima qualità la differenza la senti, e io per la qualità non bado a spese. Cerco di produrre il più possibile da me. D’inverno, a casa giù a Cles, faccio le scorte per la stagione successiva: con un piccolo mulino macino la farina per il pane che d’estate faccio fresco tutti i giorni, metto via lo speck, la pancetta e le salsicce, imbottiglio la grappa e i liquori, conservo le marmellate, travaso il vino e provo a rendere la mia cucina ancora più efficiente sperimentando, inventando sempre qualcosa di nuovo. È così che mi mantengo giovane”.
Commento