Val Genova
“Quale credete che sia la tecnica migliore per resistere alle insidie del tempo? Io per la mia piccola esperienza propenderei per questa: mantenere l’equilibrio.
Mi ritrovo piuttosto attempato, almeno per gli standard umani e, tutto sommato, anche per quelli vegetali. Alcuni dicono che abbia più di cinquecento anni, anche se personalmente non ci faccio caso. Alla mia età, credo sia valido per tutti i vecchi, anno più anno meno, poco importa. Quello che conta è che a ogni piena riesca a uscirne ancora una volta con la cima rivolta verso l’alto.
Io e il Sarca di Val Genova conviviamo da quando ho memoria, lui era qui molto prima che il mio seme arrivasse nella Piana di Bedole, scaraventato da un refolo di vento. Il nostro rapporto si è sempre basato sul suo tentare di farmi cadere e sul mio evitare che questo accadesse. Per secoli ha cercato di scavarmi la terra da sotto le radici, di privarmi delle mie fondamenta. Furioso e imbizzarrito, nei momenti peggiori mi ha lanciato addosso dei massi di tonalite da far schiantare chiunque. Mi ha ferito, lasciandomi tumefatto, pieno di cicatrici che il tempo ha ingrigito e reso dure come roccia. Ma io non ho mai ceduto. Ho allungato le radici alle mie spalle, perché mi facessero da contrafforti contro le bordate del torrente, e che tenessero salda l’unica cosa davvero preziosa, il mio baricentro.
Vorrete sapere se porto rancore verso il Sarca. Noi alberi non nutriamo sentimenti d’odio nei confronti di niente e nessuno, come il fiume, sono sicuro, non ne cova nei miei. Quella parola sfugge addirittura alla nostra comprensione. Semplicemente lui fa il suo lavoro e io il mio. Quando verrà il momento in cui l’avrà vinta e mi trascinerà a valle, poco male. Vorrà dire che era ora che me ne andassi. Arriveranno, spinti da qualche refolo, larici più giovani e con baricentri meno consumati del mio”.Storia scritta per Campiglio Dolomiti
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