1/9 Gli alpini, Mario Ferruccio

Cortina d’Ampezzo

“Paolo Monelli negli anni ’30 e ’40 lavorò al Corriere della Sera assieme a Buzzati, il quale mi riportò successivamente i suoi racconti sulla Grande Guerra. Monelli aveva combattuto fra gli Alpini e considerava quel corpo un’élite, perché erano soldati meglio istruiti, preparati e determinati degli altri. Erano pronti a tutto. Magari pochi giorni dopo il loro ritorno a valle per il cambio, il battaglione riceveva un messaggio che da qualche parte era caduta una torre o una postazione avanzata e bisognava andare a riprenderla. Il capitano diceva Ragazzi, mangiate e bevete, prendetevi una sbronza, andate al casino a divertirvi che domattina si parte. Eh, ostia! E giù imprecazioni. Si riempivano di vino, si caricavano lo zaino sulle spalle e poi ancora avanti a conquistare un’altra posizione.
Avevano un carisma che tutti riconoscevano e, fatto da non sottovalutare, fra loro solitamente non c’erano analfabeti. Questa cosa non è scontata. Sulle Tofane mandarono a combattere la brigata Reggio Calabria. Il 90% di quei ragazzi non sapeva né leggere né scrivere. Scendevano dalle donne di Cortina a far mettere su carta le lettere da mandare a casa.
Ma quel che è peggio è che un esercito di analfabeti non risponde ai comandi. Come fai a dare ordini a gente che non capisce? C’era un sottoufficiale che per allenare i suoi, per fargli fare il classico sinist-dest, metteva loro la paglia nella scarpa sinistra e il fieno nella destra e li faceva marciare al grido di paglia-fieno, paglia-fieno. Pensa a soldati che dovevano obbedire agli ordini di un capitano a 3000 metri di quota ,in mezzo a una tormenta, e che non sapevano distinguere la destra dalla sinistra o che ignoravano parole basilari come bocconi o supino. Ecco com’era l’esercito. Composto di poveri disgraziati ignoranti, disorganizzati e impreparati anche se fondamentalmente pronti a morire per il dovere.
Avevamo troppi politici imbecilli e disonesti che mandavano a morire la gente come gettare pezzi di carbone in una stufa. La brigata Reggio Calabria era di stanza a Perarolo di Cadore a trenta chilometri da Cortina. Un certo giorno di giugno gli dicono che devono andare ad assaltare le Tofane. Loro si guardano e si chiedono: dove sono le Tofane? Arrivano al Pocòl, sulla strada del Falzarego, si fermano al cosiddetto villaggio del Maggiore Tarditi allestito proprio al piede della Tofana di Roces e gli ufficiali vanno a prendere informazioni. Soldati, domani si va all’assalto. E loro ci andarono. Su terreno sconosciuto fatto di ghiaioni, rocce, canalini, burroni. Tutta gente abituata ad operare in piano senza uno straccio di piano. Altro che montagna. Fu un massacro”.

Commento

Lascia un commento

Lascia un commento