Rifugio Altissimo
“Stavo facendo canyoning in val di Ledro quando precipitai nel vuoto, era il ’98. Ricordo che dopo essere riemerso nell’acqua bassa dove ero caduto e aver nuotato fino a riva, più del dolore sentii lo straniamento nell‘osservarmi il piede e nel sentire il rumore delle ossa della caviglia, che era letteramente scoppiata nell’impatto. Rimasi fermo sei mesi in ospedale, subii sei interventi al piede e i medici mi dissero che non sarei più tornato in montagna, che avrei dovuto bloccare la caviglia con una vite per impedirne il movimento e non sentire più il dolore. Ma io rifiutai. Nonostante non abbia più un briciolo di cartilagine, il piatto tibiale sia danneggiato e mi faccia molto male, quella funzionalità residua mi permette almeno di sciare. Dovetti in fretta fare i conti con questo grande cambiamento. Quello che mi mancava di più era correre e arrampicare, avevo dato 15 anni a quella cosa e dal giorno alla notte non ce l’avevo più, era per sempre ormai fuori dalla mia portata. Non fu semplice, facevo fatica ad ammetterlo anche a me stesso: all’inizio a chi mi interrogava dicevo che stavo bene, poi un giorno un amico mi prese in disparte e mi chiese senza preamboli: Danny, ti manca scalare? Scoppiai a piangere come una fontana.”
Storia scritta per Garda Trentino
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