6/9 Banca, Mario Ferruccio

Cortina d’Ampezzo

“L’attore che mi colpì di più per la sua intelligenza e per la simpatia fu Richard Burton. Lo intervistai quando venne qui al Miramonti assieme a Liz Taylor. Lei si rifiutò di parlare, lui invece fu disponibile e conversammo amabilmente per un bel po’. Passò di qui anche Frank Sinatra, ma quello fu più scorbutico e sbrigativo. Fu un colloquio molto rapido, poche domande e risposte brevi. In quei giorni aveva per la testa un’attricetta e io con le mie richieste ero solo una perdita di tempo. Ma non mi risentii della cosa.
Gli attori vivevano nel loro mondo e bisognava andar dietro alle loro bizze e ai loro capricci, s’intende. Poi in fin dei conti quello che ti raccontavano erano perlopiù baggianate, cose di poco conto relative ai loro folli amori o alle loro abitudini bizzarre, non questioni che spaccavano il mondo a metà. E tu riempivi taccuini interi con queste notizie di costume, che poi finivano nei giornali. E le testate ti tenevano a sgobbare come uno schiavetto, con una paga da fame a fare una gavetta che pareva infinita.
Non era facile lavorare in quel modo. Oltretutto era il dopoguerra. I caporedattori erano ancora impregnati di linguaggio fascista e se scrivevi in modo più moderno per loro eri un rivoluzionario e non gli andavi a genio. Ero già sposato, con una figlia e mia moglie aspettava il secondo. Mi dissi che dovevo pensare a me stesso e ai miei.
Ero laureato in legge, così feci un colloquio in banca. Belli, mi disse il direttore, lei vuole fare il giornalista, ma stia attento che non la lascino appeso come un uccello al ramo, non so se mi spiego. Era un ex alpino che aveva fatto la prima guerra sul fronte russo. Era passato attraverso quell’inferno di ghiaccio, al quale era sopravvissuto proprio perché era un alpino. Quelli li vestivano meglio degli altri. Avevano gli scarponi di cuoio e giacche pesanti. Ero anch’io un ex alpino e lui mi prese sotto la sua ala, facendomi crescere poco a poco fino a farmi direttore di filiale.
Cominciai così una nuova vita, senza chiudere con la vecchia. La mia collaborazione con il Corriere continuò per molto tempo ancora. Fino a quando, dopo un rapporto durato trent’anni, non ho lasciato l’incarico a qualcun altro. Provarono a convincermi a rimanere, ma avevo i miei figli da andare a trovare in America e in Francia. Ora avevo altri interessi”.

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