2/3 La scoperta, Sergio

Rumo

“Non ci potevo credere. La sera stessa andai con altre quattro persone dove mi aveva indicato il vecchio e iniziai a scavare dove pensavamo che potesse trovarsi il vecchio forno. Ma niente. Tornammo a casa delusi e pieni di terra fino alle orecchie.
Il giorno dopo allargammo il buco e continuammo così per quattro giorni, fino a che la benna dello scavatore grattò qualcosa di duro. Avevamo trovato qualcosa. Fu una sensazione incredibile, mi sentivo come Indiana Jones alla scoperta di antichità sepolte e dimenticate. A due metri di profondità ci eravamo imbattuti in quello che sembrava una superficie di sassi murati. Ne smuovemmo uno e lo vedemmo cadere verso il basso, aprendo un buco nero. Lo ingrandimmo quel tanto che bastava per passarci. Una volta dentro scoprimmo un cunicolo grande un metro per un metro, che si allungava in avanti, con il soffitto appoggiato alle pareti, senza cemento o assi.
In seguito seppi che quella tecnica era usata anche per altre strutture analoghe. I costruttori realizzavano dapprima il pavimento e le pareti in muratura, poi aspettavano l’inverno. Riempivano gli spazi con la neve, ci appoggiavano sopra il tetto e, quando in primavera la neve si scioglieva, esso rimaneva appoggiato alle mura laterali. Procedendo per una decina di metri lungo il cunicolo trovammo due stanze. Nella prima c’erano degli utensili e dei pezzi di legno impolverati, nell’altra era presente un bocchettone largo un metro per due di altezza. Era il camino. Tutt’intorno era pieno di detriti. Mi dissero poi che negli anni ‘60 il padrone del campo vedeva dal prato due muretti alti 50 cm e gli davano noia per lo sfalcio. Senza farsi troppe domande demolì tutto e gettò i residui nel buco, tappandolo infine con la terra. Con il suo gesto, il contadino, eliminò l’ultima traccia visibile del forno, condannandolo all’oblio, fino a che noi non lo riportammo alla luce”.

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