5/9 Cronaca rosa, Mario Ferruccio

Cortina d’Ampezzo

“Se volevi fare il giornalista dovevi conoscere quelli che avevano davvero in mano Cortina: i portieri d’albergo. Erano loro a possedere le chiavi di ogni stanza e di ogni affaire, a conoscere le persone, i loro segreti e i loro spostamenti. Quelle persone, che in certi casi erano solo giovani imberbi, sapevano tutto e non dicevano niente. I clienti pagavano caro il loro silenzio e in cambio potevano contare sulla massima discrezione per qualsiasi genere di faccenda. Tuttavia i vecchi portieri sapevano cosa rivelare e a chi, e che da ogni piccola confidenza ci avrebbero guadagnato qualcosa. Ma guai se sospettavano di essere traditi, la volta dopo ti mandavano per campi.
Io avevo costruito un rapporto di fiducia reciproca con parecchi di loro. Ero e sono una tomba. Fu grazie alla soffiata di un portiere che intervistai Soraya. Era venuta a Cortina per sciare e stava all’hotel de la Poste. L’albergo era circondato di giornalisti protesi per captare il benché minimo segnale. A che ora sarebbe uscita? Che avrebbe fatto? Ma lei non si faceva vedere. Nella hall in portiere mi strizzò l’occhio, mi avvicinai e mi tese un pezzo di carta sul quale era scritto: Soraya.
Alla sera andai in fioreria e comprai un bellissimo mazzo di fiori, al quale aggiunsi un bigliettino in francese, e mandai tutto all’albergo. Non mi ricordo con precisione le parole che le scrissi: le auguravo una bella vacanza a Cortina e delle belle sciate, e la pregavo di accettare quel mio omaggio personale. Il giorno dopo mi trovavo a passare “per caso” all’hotel vestito in giacca e cravatta. I fotografi erano ancora fuori imbalsamati ad aspettare. Io entrai, salutai il portiere che dopo qualche minuto mi strizzò l’occhio. L’ascensore si aprì ed era lei, bellissima nella tuta da sci bianca, i capelli raccolti in un berretto e gli sci uno per mano. Posso salutarla, le chiesi facendomi avanti. Lei non mi guardò neppure. Le sono piaciuti i fiori? Si voltò verso di me. Ah è lei! esclamò, regalandomi un sorriso.
Chiacchierammo parlando in francese, per alcuni minuti, finché arrivò il suo maestro di sci, Ambrogio Cazzetta, che conoscevo e che salutai cordialmente. Compresi che dovevo chiudere. Un ultimo saluto.
Una volta scritto l’articolo pensavo di mandarlo al Corriere, ma frattanto Novella 2000, che chissà chi aveva avvertito dando il mio nominativo e telefono, mi contattò chiedendomi il pezzo in esclusiva. Fu l’articolo meglio pagato di tutta la mia vita. Ammortizzai abbondantemente il costo dei fiori, del biglietto e della cassa di bottiglie di ottimo vino che più tardi feci avere riservatamente a casa dell’amico portiere”.

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