Il processo ai topi, Arciprete Santoni

Drena

“All’inizio del 1600 Drena visse la piaga dei topi, che scorrazzavano in gran numero e indisturbati, decimando i raccolti e danneggiando le case dei villani. Tutti gli stratagemmi per combatterli si dimostrarono vani, tanto che la popolazione, esasperata, essendo incline alla superstizione, decise di ricorrere a un mezzo drastico: un processo pubblico contro di loro. Il popolo, riunito davanti ai giudici e al commissario incaricato, ascoltò l’accusa del sindaco che denunciava con parole gravi le malefatte di quelle bestiacce. Il primo cittadino chiese che fosse emessa immediatamente una “crida”, un decreto, che vietasse ai roditori di arrecare ulteriori danni. L’editto fu redatto, approvato e ratificato il giorno stesso. Immediatamente i banditori batterono le campagne circostanti per comunicare la volontà delle autorità comunali ai rei colpevoli, i quali però se ne infischiarono del monito e continuarono impunemente a far man bassa delle derrate. La reazione fu dura. Si stabilì un nuovo processo, in cui i ratti furono chiamati tassativamente a fornirsi di un avvocato. Il Difensore Sorcino, nominato d’ufficio, durante un’appassionata arringa proruppe in un lungo elenco di lamentele da parte dei suoi clienti, offesi per la tracotanza con la quale il popolo di Drena aveva emesso una sentenza in contumacia per disobbedienza a loro carico. Sostenne poi che i suoi clienti si erano stabiliti nelle cantine e nei fienili del paese solo per non morire di fame. I topi non avrebbero voluto far altro che raggiungere il bosco e lì sistemarsi e vivere in pace e in libertà, ma fra la montagna e i campi dove si trovavano scorreva il furioso torrente Salagone. Il giudice, ascoltate le parti, pronunciò la tanto attesa sentenza: i cittadini dovevano impegnarsi a costruire un ponte per permettere ai roditori di raggiungere la foresta e lasciare le campagne. I contadini riappacificati misero fine alla vicenda con una grande festa e con una colletta di denaro che, a malincuore, i capofamiglia del villaggio cavarono dalle proprie tasche già vuote per onorare il costo del processo”.

Storia scritta per Garda Trentino

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