Dove osano le aquile, sentiero delle Bocchette Centrali

Dolomiti di Brenta

“Nel 1936 ero solo un’idea, di quelle che due amici seduti a un tavolo si lanciano fra un bicchiere e l’altro. I due amici erano Giovanni Strobele, storico segretario della SAT, e Arturo Castelli, il gestore del Rifugio Pedrotti; il tavolo era quello del Pedrotti e il bicchiere…chi lo sa, sarà stato Teroldego. A quei due venne l’idea di sfruttare le cenge naturali per costruire un sentiero che congiungesse i rifugi del Brenta e che permettesse di attraversare l’intera dorsale del gruppo rimanendo in quota. Si chinarono sul tavolo per disegnare una linea esile ed elegante sulla vecchia mappa dell’Aegerter. Dalla Bocca di Brenta si sarebbe arrivati alla Bocca degli Armi attraverso il cuore del massiccio centrale: la Brenta Alta, il Campanile Basso, il Campanile Alto, gli Sfulmini e la Torre di Brenta. La cosa era possibile.
I soldi erano pochi, s’era fra le due guerre. Nel ’37 iniziarono i lavori. Guide alpine, alpinisti e tanti altri si rimboccarono le maniche, prestando opera o denaro. Bruno Detassis, Rizieri Costazza, Enrico Giordani e Celestino Donini furono fra quelli che più lavorarono per vedermi nascere, tutti convinti che il sentiero delle Bocchette avrebbe fatto prosperare chi lavorava sul Brenta.
Il lavoro era duro. Non c’erano i compressori, dovevano allargare le cenge a mano, usando l’esplosivo nei punti più ostruiti, attrezzare centinaia di metri di cordino e ancorare scale di ferro alla roccia per superare i dislivelli fra una cengia e l’altra. Avevano mani dure quanto il ferro che battevano nella roccia, centimetro dopo centimetro: erano artigiani che intendevano bene sia di montagna che di carpenteria. Avevano schiene abituate alla fatica: il materiale lo portavano su con i muli fin dove potevano, poi a spalla per oltre mille metri di dislivello: quintali e quintali di cordino, fittoni, scale metalliche ed esplosivo, senza contare gli attrezzi, che erano a spese degli operai. Non c’erano patentini o brevetti, contava solo l’esperienza.
Fui costruito in quattro momenti diversi e grazie ad altrettanti finanziatori. Mi terminarono vent’anni dopo, nel ’57. Le bocchette del Brenta, quelle strette selle che separano le vette tra loro, irraggiungibili se non forzando colatoi e ghiaioni ripidissimi, ora potevano essere raggiunte da un sentiero. Gli escursionisti avrebbero scoperto scenari mozzafiato altrimenti a loro preclusi, sarebbero entrati nel regno esclusivo di aquile e arrampicatori”.

Storia scritta per Campiglio Dolomiti

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