2/5 La mia salita più dura, Angelo

Falesia Policromuro, Arco

Il free climbing nacque per essere libero: non più i vecchi scarponi, non più avvicinamenti di ore per mettere le mani sulla roccia, non più alta montagna con stagioni molto corte e un sacco di possibili imprevisti. Dall’America arrivava un’aria diversa, che proponeva sfide mai provate prima, con difficoltà tecniche di gran lunga superiori a quelle del passato. La corda ora, contrariamente a come si faceva negli anni ‘60 con l’arrampicata artificiale, non serviva più per progredire, ma solo come forma di assicurazione. Si salivano linee brevi di uno o pochi tiri di corda e comparirono i chiodi a espansione, molto più sicuri dei vecchi chiodi di ferro. Gli spit, la nuova forma di chiodatura, permettevano di superare pareti molto più difficili perchè cadere non comportava più alcun tipo di pericolo. Questo consentiva un notevole alleggerimento dell’attrezzatura, che si ridusse a corda, imbrago, scarpine, rinvii e sacchetto per la magnesite. Il cambio radicale fu recepito molto in fretta dai produttori di materiale tecnico, che investirono le loro risorse in ricerca tecnologica al fine di evolvere i loro prodotti. Volevano inseguire un mercato nascente. Ma non fu solo questo: quell’ondata di minimalismo rispecchiava una nuova filosofia di vita. I primi e principali esponenti, che possono essere considerati i pionieri della disciplina qui nel Garda Trentino furono Roberto Bassi, Heinz Mariacher, Manolo e Luisa Iovane. Loro, prima degli altri, disegnarono decine e decine di vie, alcune delle quali oggi sono considerate quasi come opere d’arte da coloro che scalano. Conscio di questo fermento, decisi di trasferirmi qui anch’io, volevo assistere alla nascita dell’arrampicata moderna. Cercai però di non rinchiudermi fra le pareti di questa valle, continuai a girare per le montagne di mezza Europa come guida e credo fu forse anche grazie a quello che mi resi conto che Arco e il basso Sarca avevano un potenziale che altri territori non avevano. Iniziai a lavorare su un’idea che da un po’ mi frullava in testa, una sfida con la quale continuo a misurarmi ancora oggi: fare della zona una destinazione di riferimento per i climbers di tutto il mondo.

Storia scritta per Garda Trentino

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