3/9 Guida alpina e militare, Mario Ferruccio

Cortina d’Ampezzo

“Da ragazzo volevo fare la guida alpina. A sedici anni mi regalarono il volume Le Dolomiti Orientali di Antonio Berti, una delle prime guide allora in circolazione. Quella del Castiglioni arrivò poco dopo. Leggevo quelle pagine e mi vedevo cavalcare le cime che avevo sopra la testa e nei giorni di festa andavo in esplorazione. Nel giro di un anno fui in grado di scalare l’Antelao. Eravamo soli io ed un amico. Alla fine dell’estate ci tornai con un professore dell’università di Padova che mi regalò anche la sua corda.
L’alpinismo mi piaceva tanto che provai l’esamino per aspirante guida. Lo passai. Vedevo davanti a me una carriera di alpinista di spicco. A volte, però, i sogni di gioventù sono destinati a rimanere tali. Di lì a poco sono partito per il militare, alla scuola Allievi ufficiali; sarebbero stati 18 mesi invece che 12. Poco male, mi dissi, dopo la naia torno ai corsi di guida. Erano gli anni 1955-56. Con il reparto eravamo di stanza in Friuli, laggiù non si poteva arrampicare ma non si stava con le mani in mano.
Il mio era un battaglione di Alpini d’arresto. L’Italia stava attraversando anni molto tesi, c’era la paura che la Jugoslavia ci potesse invadere. L’esercito era sul confine, lo chiamavano la Soglia orientale. Noi avremmo dovuto bloccare l’avanzata di Tito in caso di attacco. Quando tornai a casa tutto era cambiato, compreso io.
Nel 56 Cortina aveva ospitato le Olimpiadi invernali ed essendoci poca neve l’esercito era stato chiamato a dare una mano. Per un paio di settimane intervenne anche il nostro reparto; lavorammo con i camion a ricuperare neve in quota e portarla sulle piste. Un freddo come quello lì non lo mai più sentito, eppure Cortina mi era piaciuta più di quanto avessi immaginato. Quando sono stato congedato dall’esercito, e ritornato a casa a San Vito, l’aspirazione di diventare guida alpina era scomparsa. Ora avevo altri interessi”.

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