Dro
Vivo a Dro dalla metà del 1400. Non io personalmente, sia chiaro. Io sono di quest’anno e fra qualche giorno sarò caduta a terra. Parlo della mia specie. Lungo il corso della storia mi sono diffusa fino a coprire quasi tutte le campagne che circondano il paese, spingendomi fino all’altro lato della valle, quello che sale verso le Coste di Varino: ho dipinto i paesaggi di bianco a primavera e di violetto in estate, con le mie forme sensuali ho irretito il pudore dei bigotti e, direi non ultimo, ho nutrito intere generazioni di contadini, dando loro di che vivere: mai troppo, giusto quel che bastava per campare.
Dalla fine degli anni ’80 i coltivatori iniziarono a piantare meli e vigne preferendoli a me, che rendevo meno e stavo affrontando a fatica in quel periodo il brutto virus sharka. Rimasero pochi dei miei alberi, ultimi testimoni di un’epoca ormai passata, fino a che in tempi recenti non accadde qualcosa.
Un gruppo di creativi e di artisti che opera alla Centrale di Fies, gente apparentemente lontana dal mondo dell’agricoltura, si è interessato a me e ha provato a far capire quanto fossi importante. Ha creato un marchio, ULTRA VIOLET, e una serie di operazioni di comunicazione e di promozione per evidenziare che il fatto di trovarmi qui da quasi 600 anni avrà pur un valore, stimolando il recupero di una tradizione secolare in ottica moderna. Insomma, questi ragazzi mi stanno dando una mano a non scomparire e inoltre vogliono onorare un debito simbolico che i trentini hanno con me da più di 50 anni.
Nel 1966 una terribile alluvione sommerse la città di Trento, compresi gli archivi sotterranei della biblioteca comunale. Migliaia di libri, di antichi manoscritti e di documenti andarono perduti. Quelli che si poterono recuperare, ma che erano comunque pieni d’acqua, furono trasportati all’essiccatoio a Dro per essere asciugati. Nel 1966 le susine salvarono la cultura, dal 2016 la cultura proverà a salvare le susine.
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